domenica 22 febbraio 2015

Una perla del triassico data ai porci, in tre atti. Primo atto


Porticciolo dista da Alghero circa 20 km. Si può arrivare solo con mezzi propri: auto, moto o bicicletta; ovviamente per una giornata in totale relax, che preveda come unica meta questa bella costa, il modo migliore per arrivarci è montare in sella ad una bicicletta, meglio con pedalata assistita, per evitare sovraccarichi di fatica. La strada finisce con un ampio parcheggio, mai sovraffollato, oltre il quale si gode uno spettacolo di incredibile bellezza: mare e roccia e vegetazione mozzafiato. Occupare un sasso strategico, sedersi e stare li a vedere e godere di tutto quello che si presenta  alla vista ripaga della fatica fatta per raggiungere la meta. Porticciolo è una piccola baia che ha come limite nord un bel promontorio in cima al quale svetta una torre aragonese della fine del 1500 e, proseguendo, sempre a nord si incontra Cala del Vino e Porto Ferro oltre il quale, osservando l'entroterra è facile riconoscere Punta Lu Capparoni. Proseguendo a sud si incontra Cala Viola. Tra le tre cale, Porticciolo è sicuramente la più suggestiva. 
Un viaggiatore che segue le segnaletiche, come Pollicino i suoi sassolini,  raggiunta la meta occuperà quel sasso sedile per riempirsi gli occhi e la mente di ciò che percepisce per poi usare le informazioni umorali per trasmettere agli amici il fascino di quel luogo. Lo stesso sasso sedile riserva, ad un viaggiatore consapevole, una poltrona di prima fila per uno spettacolo che ha anche una trama che si perde, per certi versi, nella notte dei tempi. Il promontorio con la torre di avvistamento parla di barche, di pescatori, di una esistenza sacrificata e in allerta per nemici pronti a prendere il sopravvento. Percorrendo il perimetro dell'insenatura si può immaginare di vedere tra i grossi macchioni di lentisco e ginepro  i resti di una tonnara del XVIII secolo, segno che il luogo era frequentato stabilmente dall'uomo di Alghero. L'Archivio Storico algherese conserva un documento che attesta la presenza della tonnara: è una domanda di contratto (scritta in catalano), per portare alla Tonnara di Porticciolo dei montoni per macello, da parte di Gavino Era per il signor Antonio Maxia Carbonelli impresario della tonnara. Don Antonio Massala, Don Nicolao Arcayne, Antonio Caria e Francesco Piga sono le autorità algheresi dell'epoca che hanno vagliato la richiesta.
Salendo con lo sguardo verso il camminamento a sella che dal promontorio va verso Cala del Vino si può immaginare, custode e simbolo di quella tonnara, i resti fossili del vertebrato erbivoro salito alle cronache delle riviste scientifiche nel 2011 (qui); il parco di Porto Conte, nel 2013 pensava di istituire un museo paleontologico dove custodire i tanti ritrovamenti fossili di questo territorio (qui). Che dire, quel ritrovamento è stato una scoperta incredibile. Pensare che diversi gruppi di geologi si sono alternati studiando palmo a palmo la costa da Capo Caccia fin alla cima di Punta Lu Capparoni. Il Giurassico-Cretaceo della roccia di Capo Caccia si interrompe e inizia un periodo precedente tra la fine dell' era Paleozoica e l'inizio dell ' era Mesozoica: il periodo Permiano - Triassico. Gli studiosi dell'università di Pavia hanno lavorato sodo, chini, alla ricerca del fossile che attestasse inconfutabilmente la natura continentale della Sardegna, una prova che Cala Viola, Porticciolo, Cala del Vino, Porto Ferro e Punta Capparoni fossero legate alla costa Provenzale - Catalana. Ora
la prova regina esiste (qui); il fossile è stato trovato tra Porticciolo e Cala del Vino  ed è il più grosso vertebrato erbivoro del Permiano, il Cotylorhinchus , quasi sconosciuto in europa ma presente in Nord America migrato sicuramente in Europa grazie alla continuità terrestre tra continente americano ed europeo (Pangea). Lungo circa 4 metri con collo e zampe molto tozze. I suoi resti parlano di una morte accidentale, forse la caduta dal greto di un fiume. I suoi resti suggeriscono che la carcassa non è stata assalita da predatori ma immediatamente sepolta. Il viaggiatore attento immagina questa zona senza mare ma percorsa da un fiume continentale dove il povero vertebrato è caduto dentro e ha trovato la sua sepoltura fino ad oggi, ben 250 -260 milioni di anni prima di essere ritrovato. Il viaggiatore seduto in prima fila rivolge lo sguardo al promontorio e apprezza la natura variegata della roccia .
Rocce quasi posticce, li lì per cadere in mare. La roccia di Porticciolo è un conglomerato che si stà piano piano sgretolando in sassi più o meno grandi e addossati al declivio del promontorio o accumulati nella battigia sabbiosa dell'insenatura. Gli stessi accumuli sono osservabili a Porto Ferro sotto la Torre Bianca. Il viaggiatore consapevole ha viaggiato, seduto sul sedile di pietra, tra le ere geologiche imbattendosi in grossi erbivori del triassico fino alla tonnara del 1700 ed ora ritorna sui suoi passi e quello che vede, da cittadino consapevole, non è un bello spettacolo.



I sassi e le rocce del Triassico fanno bella mostra nel viale che si percorre per arrivare all'ingresso di un campeggio. Lungo il viale, sulla sinistra, all'interno e nel perimetro di una spelacchiata ginepreta spiccano molte colonnine per la presa d'acqua. Si tratta di manufatti in mattoni rossi foderati con le pietre del Triassico di Porticciolo (certo posso sbagliare e magari un esperto del Corpo Forestale o del SAVI potrebbe smentirmi in qualsiasi momento).  Il regolamento a 

tal proposito prevede che nulla può essere prelevato e nulla può essere modificato senza che le autorità competenti siano avvisate e abbiano dato il loro assenso. Penso che a nessun privato cittadino possa essere dato il consenso di portarsi a casa rocce della costa algherese e sarda senza conseguenze civili o penali. Figuriamoci in un Sito di Interesse Comunitario.Io so, e  i proprietari del campeggio sicuramente sanno che tra Capo Caccia e Porto Ferro si estendono due zone SIC  ; in Sardegna ce ne sono 93 per un totale di 477.652 ha. Questi siti sono interessati da finanziamenti europei e da regolamenti comunitari, nazionali e regionali.
Noi Sardi siamo stati predati e depredati da tutti ma che un Sardo depredi i Sardi è inconcepibile. 
Un sasso, come tutti i sassi, ha una lunga storia da raccontare a chi sa leggere, e sia pur una persona che sappia leggere...QUEL SASSO BISOGNA LASCIARLO DOVE E'.

Alghero in Chiaro

Immagino sempre che i mio pensiero guidi un vecchio pennino che attinge le parole da un calamaio dal quale hanno attinto i miei affetti più cari...

1 commento:

  1. Anonimo3/11/2015

    "Che un sardo depredi altri sardi"..... Cioè' lei sta dando velatamente del ladro al sig. Carboni? Che a casa sua...visto che di proprietà privata si tratta, pota un geranio? Ma dico.... si rende conto di quel che scrive?

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